Dalla maglia biancazzurra indossata, alla maglia prodotta. (Gradella Sport)

Dalla maglia biancazzurra indossata, alla  maglia prodotta. (Gradella Sport)

A soli 28 anni, a causa di ripetuti infortuni, il leggendario portiere Uber Gradella dovette interrompere la sua carriera sportiva. Ma la singolarità della vita di Gradella fu la fedeltà ai colori biancazzurri: lui che non era nemmeno romano (di Mantova rimase folgorato dall’ambiente schietto e diretto dello sport capitolino a cavallo del secondo conflitto mondiale. Niente polemiche, una vita improntata all’impegno senza fronzoli dove bastava il biglietto del tram per raggiungere lo stadio, indossare la maglia e scendere in campo. Uno sportivo vero che non volle abbandonare Roma. Nel frattempo, la Lazio non aveva soldi per pagargli l’ingaggio ma lo aiutò ad affrontare una nuova sfida, questa volta nel ramo imprenditoriale, aiutandolo ad aprire un negozio di abbigliamento e attrezzature sportive, denominato “Bottega dello Sport” inizialmente ubicato a Via Ancona 40 (presso Porta Pia). Uber ben presto diventò un punto riferimento del settore con il marchio “Gradella Sport”, grazie alla fabbricazione propria di calzature, magliereria e palloni. E proprio nel suo negozio Gradella aveva contatti con il mondo sportivo, quello del Coni e delle Federazioni. Gradella, molto amato dai tifosi laziali, incarnava davvero la lazialità, dentro e fuori dal campo. Uber con il suo marchio “Gradella Sport” è stato fornitore delle divise della Lazio e di altre realtà minori capitoline. “Le divise della Lazio ogni giorno si presentavano ai miei occhi, perché ne sono stato il fornitore “tecnico” fino alla fine degli anni sessanta. La maglia è il simbolo di appartenenza, è un vin­colo di responsabilità, forse l’unico oggetto che ti permette in democrazia di schierarti”.

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