Coronavirus: la Macron si converte in parte, per l’emergenza mascherine

Coronavirus: la Macron si converte in parte, per l’emergenza mascherine

In Cina lo hanno fatto, nel pieno dell’emergenza coronavirus e a tempi di record, le grandi fabbriche hanno messo centinaia di lavoratori su altrettante linee di produzione a confezionare mascherine. Ed ecco che anche in Italia si moltiplicano le iniziative, anche sulla scia dell’ultimo decreto del governo che rende possibile mettere sul mercato anche mascherine senza marchio CE. Da noi per ora si stanno muovendo soprattutto le tessili: più semplice riconvertire i macchinari e la materia prima spesso è già in fabbrica. Perché lo sappiamo, trovare nuove mascherine è diventata un’emergenza nell’emergenza. La Macron, tra le aziende leader internazionali nella fornitura tecnico-sportiva e partner ufficiale della S.S. Lazio, ha deciso di riconvertire in parte la propria produzione, per realizzare mascherine: «Siamo in contatto (spiegava il CEO della società, Gianluca Pavanello) con le autorità che censiscono le richieste di materiale sanitario mancante perché in Cina siamo pronti a produrre in alcune fabbriche mascherine di ogni genere, ma anche grembiuli, guanti, calzari e quanto occorre, usa e getta e non. Dobbiamo sapere solo di cosa abbiamo bisogno e il via libera della Protezione civile. Abbiamo una trentina di dipendenti là che possono operare per reperire prodotti certificati. L’importazione avverrà grazie alla nostra piattaforma logistica che distribuisce, anche ora, maglie in tutto il mondo. I primi materiali potrebbero arrivare già in settimana, centinaia di migliaia di pezzi. A Bologna (quartier generale della Macron) non abbiamo linee di produzione, lavoriamo quasi tutti da casa, diciamo 100 su 130. Creativi, stilisti, grafici, amministrativi. Sul lato produzione siamo operativi al 100% perché in Cina e in Asia, dove abbiamo una ventina di impianti, tutto è ripartito come prima. Là siamo stati fermi alcune settimane, meno dello stop, perché l’emergenza si è sovrapposta al capodanno cinese, una vacanza nazionale con le fabbriche comunque chiuse». Per quanto riguarda la produzione sportiva, «fino a un paio di settimane fa tutto andava avanti come se nulla fosse. I clienti esteri ci chiedevano, erano solidali ma era come se la cosa riguardasse solo noi. Dal 12 la consapevolezza è aumentata e c’è stata una escalation importante. Siamo arrivati al crollo degli ordini prevedibile. Ora il business è solo extraeuropeo. Per noi questo periodo non è così strategico come alla fine dell’estate per cui, anche se il fatturato soffre, possiamo resistere e prepararci per essere pronti alla ripresa». di Emiliano Foglia

 

 

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