“Come si lava lo scudetto?” chiedeva la sora Gina

“Come si lava lo scudetto?” chiedeva la sora Gina

Cinque autobus la mattina, cinque autobus la sera. Da Tor Sapienza a Tor di Quinto: il 512, il 409, l’8, il 32 ed infine l’1. Dieci autobus dieci, ogni santo giorno. Non fosse altro per questo la sora Gina meriterebbe un mezzo busto a Tor di Quinto. E’ lei che lava le maglie della squadra: Gina Ciaschini, marchigiana di Senigallia, classe 1926, arriva alla Lazio nel 1960 come responsabile del guardaroba per poi più specificatamente occuparsi della lavanderia. Ha un figlio, Marco, laziale dalla culla. Si è fatta i conti, di maglie fino alla stagione dello scudetto ne avrà lavate un miliardo e mezzo, con lo sconto un miliardo. Magliette pulite per ogni allenamento. E non solo quelle della Lazio Grande, ma di otto squadre dai pulcini ai Chinaglia. Questa Lazio Grande, in tutto, ha 12 mute, per lo più biancazzurre, estive ed invernali. Poi una bianca, una verde, una rossa per gli incontri con il Napoli, non per altro. E poi lava calzerotti, pettorali, calzoncini, asciugamani, accappatoi: tutto, proprio tutto. Nauseata e stanca alla sera, si fa lavare la sua roba dalla madre. I tifosi le chiedono di sgraffignare una maglietta, succulento souvenir. Non lo ha mai fatto. Già è grasso che cola se rimedia un autografo da portare al dirimpettaio. E’ fatta così, non le piace chiedere favori o sprecarli. Tutte le maglie sono della stessa misura. Un segreto: qualche giocatore della Lazio, tra i più civettuoli, si fa restringere la maglia, facendola “riprendere” ai fianchi. Segretissimo, fra questi c’è Wilson. La sora Gina va tutte le domeniche allo stadio, biglietto della Monte Mario. Spera che lo scudetto porti anche qualche premio all’equipe del Tor di Quinto. Odia l’inverno. Piove sempre ed il pantano fa delle maglie una zuppa di fango. Non c’è stata una volta che qualcuno si sia allenato con indumenti sporchi. Il giocatore più simpatico da quando è alla Lazio: Morrone un uomo ed un clown. Di quelli attuali: Facco e Wilson. La sora Gina non è donna segaligna. Viso rubicondo, maniche rimboccate in esterno, parla sorridendo, sorride parlando. Dice che adora sciacquare i panni e se avesse studiato avrebbe sciacquato i panni.  «Adesso sono orgogliosa (dice Gina): lavo le maglie dei Campioni d’Italia, che si crede! Non so come è fatto questo scudetto da cucire sulle maglie. Spero solo che non scolorisca. Farò un inguacchio, sennò. ma non lo maledirò mai». E’ una donna importante. I giocatori sono esigenti. Vogliono entrare in campo lindi e pinti. E’ tanto ambito sbucare dal gabbione dell’Olimpico agghindati, quanto uscirne distrutti, sporchi e malandati. “Fa” tanto battaglia e il giocatore rientra come una reduce barcollante. Per fortuna arriva il tricolore ed  il folklore lascia spazio al bianco, rosso e verde che va ad intrufolarsi nel bianco e celeste, come il capolino dell’arcobaleno. Sora Gina cento di questi inguacchi. di Emiliano Foglia

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