“L’aquila ribelle” di Eugenio Fascetti

“L’aquila ribelle” di Eugenio Fascetti

Mi è stato chiesto dalla redazione giornalistica del museo un contributo sul­la “maglia bandiera” con l’aquila sul petto. Ad essere onesto e sincero, senza voler prendere in giro nessuno io non mi ricordo niente di particolar­mente significativo a proposito delle lo­giche commerciali legate alla creazione di quel marchio anche se, passati tanti anni, posso dire che quella divisa bel­lissima accompagnò la nostra stagione infernale ma trionfante come uno scu­detto… ripeto per me rimaneva una maglia come tante altre. Contava ben altro, in quel preciso momento. Ai miei giocatori durante il ritiro estivo a Gubbio appena giunse la notizia della retrocessione d’ufficio dissi loro: «Chi se la sente resti, chi ha dubbi o non se la sente è meglio che vada a fare le valigie e ci salutia­mo qui». Restarono tutti. Poco dopo la sentenza fu modificata con la penalizza­zione di 9 punti che conosciamo tutti e avrebbero potuto pure farci indossare 11 camicie di forza ma noi avremmo giocato comunque alla morte tutte le partite del campionato essendo gravati di quel pesante fardello addosso… A pensarci bene mi viene in mente un particolare: quando andai via dalla La­zio, subito dopo la promozione in Serie A, campionato 1987/88, venni allonta­nato dalla proprietà e l’unica cosa che mi rimase della Lazio fu un portafogli di pelle nera con il simbolo dell’aquila stilizzata in color oro. Ebbene ero tal­mente incavolato per il trattamento ri­cevuto che poco dopo non lo trovai più.

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